Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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27 gennaio 2019: Giorno della memoria

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lunedì 29 gennaio 2018

Giorno della Memoria 2018 a Polistena

Ricevo da Domenica Sorrenti, dell’Associazione Cittanova Radici, che ringrazio di cuore, e pubblico

Venerdì 26 gennaio 2018, a Polistena, presso la sala teatro dell’Istituto Comprensivo Francesco Jerace di via Esperia, alla presenza del sindaco Michele Tripodi, del Presidente del Consiglio comunale, Angelo Borgese del Comune e dei rappresentanti delle testate giornalistiche della Gazzetta del Sud e del Quotidiano, si è tenuta una grande manifestazione nel ricordo della Shoah.
La giornata è stata aperta dall’Inno Nazionale Israeliano suonato con bravura dai ragazzi dell’Orchestra della Jerace, diretta dal maestro Giovinazzo, musica che ha prodotto negli astanti grande commozione.
I lavori sono stati introdotti, con grande tatto e grande sensibilità dalla dirigente dottoressa Emma Sterrantino, che ha dichiarato di essere consapevole dell’importante funzione demandata alla scuola nella fase delicata di crescita e formazione dei ragazzi adolescenti che frequentano l’Istituto. La preside, ricordando una frase di Hannah Arendt, filosofa ed autrice de “La Banalità del male”, si è impegnata a farsi portavoce presso le altre Agenzie Educative del Territorio ed a livello Regionale sulla necessità di formare i ragazzi nell’ottica di una cittadinanza attiva, mettendo in pratica la funzione culturale, sociale e docente delle Istituzioni Scolastiche.
Il dottor Roque Pugliese, Consigliere della Comunità Ebraica di Napoli e responsabile per la Calabria, si è complimentato con i musicisti dell’Orchestra Jerace per la destrezza con cui hanno suonato i pezzi attinenti al tema della giornata.
Grande emozione ha suscitato nei ragazzi dell’Istituto Comprensivo e negli alunni della V classe della locale Scuola Elementare l’ascolto del suono del corno, lo shofar, virtuosamente suonato dall’ospite d’onore della giornata.
Particolarmente toccante è stato il racconto della vita del piccolo Sergio De Simone, usato come cavia umana e deceduto in seguito agli esperimenti sulla tubercolosi effettuati in una scuola d’Amburgo dal terribile medico tedesco Mengele con l’aiuto del criminale dottor Kurt Heissmeyer.
Per l’Associazione Cittanova Radici, dietro invito della professoressa Antonella Elia, organizzatrice e vero motore dei lavori per la Giornata della Memoria, ha partecipato Domenica Sorrenti, che ha iniziato il suo intervento leggendo una lettera, un concentrato di più di tremila anni di storia di Israele, unica vera democrazia del Medio Oriente.
I lavori sono proseguiti con un puntuale approfondimento storico sulla nascita del popolo ebraico da quando Abramo, ascoltando la voce di Dio, lasciò Ur dei Caldei per recarsi nella Terra Promessa.
“Leggiamo nella Bibbia le promesse di Dio fatte ad Abramo, dai suoi lombi sarebbero nate nazioni, in lui sarebbero state benedette tutte le famiglie della terra, suo figlio Isacco ed il figlio di suo figlio, Giacobbe avrebbero ereditato la terra di Israele, allora chiamata terra di Canaan.
Nel lungo e doloroso esilio a cui furono costretti con le diverse diaspore, gli Ebrei sono riusciti a sopravvivere in condizioni estremamente difficili e limitanti, spesso in clima di aperta persecuzione, ma hanno saputo, sempre, contribuire alla prosperità dei luoghi in cui hanno abitato. Inoltre, in Italia, durante la I guerra mondiale, hanno contribuito a difendere la Nazione, dando un tributo in vite umane non indifferente.
Ed oggi siamo qui ancora per chiederci il perché del genocidio di sei milioni di vittime, rinchiusi ed uccisi nei campi di concentramento, prima e durante la seconda guerra mondiale.
La Germania nazista mise in atto un genocidio con metodo scientifico per sterminare non solo gli ebrei, ma anche gli avversari politici, zingari, omosessuali, portatori di handicap ed una parte del clero.
Il nazismo fece degli attacchi agli ebrei uno dei propri elementi fondanti e, dal momento in cui giunse al potere, si scagliò contro i cittadini ebrei con ogni mezzo di propaganda e con una fitta campagna di leggi.

Per convincere anche la pubblica opinione della necessità di questa lotta, furono utilizzate le accuse di deicidio, di inquinamento della razza ariana e di arricchimento mediante lo sfruttamento del lavoro e delle disgrazie economiche altrui.
Gli ebrei, secondo il piano dei gerarchi nazisti, sarebbero dovuti scomparire dalla faccia della terra. Hitler predicava la superiorità della razza ariana, incarnata dai popoli tedeschi, su tutte le altre.
L’odio verso gli Ebrei scaturiva non solo da un ideale di purità della razza ariana, ma, nascostamente e subdolamente, da motivi economici e commerciali.
La Shoah si sviluppò in cinque diverse fasi
1)   La privazione dei diritti civili dei cittadini ebrei;
2)  La loro espulsione dai territori della Germania;
3)  La creazione di ghetti circondati da filo spinato, muri e guardie armate nei territori conquistati ad Est del Terzo Reich, dove gli Ebrei furono costretti a vivere separati dalla società ed in precarie condizioni sanitarie ed economiche;
4)  I massacri operati delle squadre di riservisti incaricate di eliminare ogni oppositore del nazismo nei territori conquistati dell’Ucraina e della Russia, durante le azioni di rastrellamento;
5)   La deportazione nei campi di sterminio in Polonia dove, dopo un’immediata selezione, gli ebrei venivano o uccisi subito con il gas o inviati nei campi di lavoro e sfruttati fino all’esaurimento delle forze, per essere poi comunque eliminati.
Queste tappe possono essere suddivise in due periodi storici:
-       Dal 1933 al 1940, quando il nazismo vide la soluzione della questione ebraica nell’emigrazione;
-       dal 1941 al 1945, quando viene attuato lo sterminio.

In Italia, nei primi mesi del 1938, ci fu una violenta campagna antisemita.
Il regime fascista promulgò tra settembre e novembre le leggi razziali.
In queste leggi si diceva che gli italiani erano ariani e che gli Ebrei non sono mai stati italiani. Furono adottati una serie di provvedimenti per limitare fortemente i diritti e la dignità della minoranza ebraica che allora contava più di quarantamila persone.

Il primo atto pubblico della politica antisemita del regime fascista fu “Il Manifesto della razza”, pubblicato il 14 luglio dello stesso anno. Seguirono leggi volte ad escludere progressivamente gli Ebrei dalla vita sociale del paese, a cominciare dagli insegnanti e dagli alunni dalle scuole di ogni ordine e grado.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre, esattamente il 23 dicembre del 1943, iniziò anche per gli Ebrei italiani il periodo di deportazione e sterminio.
L’Italia è stata complice dello sterminio perché le leggi razziali italiane, nella loro formulazione, sono state più gravi di quelle tedesche. Sono state diverse le modalità operative, ma di fatto si privavano i cittadini ebrei-italiani, in contrasto con lo Statuto Albertino allora in vigore, di qualsiasi diritto civile, umano e giuridico.
Istituire il Giorno della Memoria ha significato illuminare un delitto tutto italiano perpetrato anche in pieno ventesimo secolo, interrompendo l‘illusione che si trattasse solo di un’immane cattiveria tedesca.
Per non dimenticare lo sterminio e le persecuzioni del popolo ebraico, Furio Colombo, deputato dell’Ulivo nella tredicesima legislatura, propose l’istituzione della Giornata della Memoria che venne approvata con la legge 211 il 20 luglio del 2000.
Questa legge ha visto l’Italia allinearsi ad un contesto più ampio: più o meno nello stesso periodo altre nazioni occidentali, tra cui Gran Bretagna e Germania, avevano adottato misure normative sostanzialmente analoghe.
Le sofferenze patite, le angherie subite da chi è stato discriminato sono state in parte narrate ed evocate da quanti sono stati i testimoni oculari.
I nomi che più naturalmente vengono in mente tra i testimoni della Shoah sono Primo Levi ed Elie Wiesel.
Primo Levi era preoccupato perché la memoria umana tende ad eliminare o modificare i ricordi con il passare del tempo, quando non aggiunge, addirittura, degli elementi estranei.
Wiesel, entrato nel lager nazista all’età di sedici anni, marchiato in modo indelebile con il numero A-7713, sopravvissuto ai campi di concentramento, riuscì a scrivere il primo dei suoi 57 libri, “La Notte”, solo dopo dieci anni dalla liberazione. 
Il suo vero merito fu di aver riempito un vuoto facendo emergere l’enormità del genocidio: per quasi due decenni dalla fine della guerra, i sopravvissuti, sotto trauma, e gli ebrei americani pieni di sensi di colpa, sembravano pietrificati nel loro silenzio. Wiesel ha insegnato a non restare in silenzio di fronte all’ingiustizia ed è stato definito un faro di luce. Per questo motivo il mondo ebraico ha un enorme debito di gratitudine nei suoi confronti.
Sono trascorsi più di 70 anni da quando, il 27 Gennaio del 1945, furono aperti i cancelli di Auschwitz, dall’immane tragedia sofferta dal popolo ebraico ed il pericolo che molte cose vadano dimenticate è reale. Le cose accadute possono verificarsi ancora!
I testimoni oculari sono rimasti in pochi, possiamo avere i testimoni di seconda generazione, i figli ed i parenti dei deportati sopravvissuti. Cogliamo l’occasione per prendere consapevolezza della situazione di grande disagio in cui versa la società della post-modernità, della situazione di pericolo in cui siamo immersi.
Ai giovani che vogliono garantire un futuro migliore al nostro Paese ed all’umanità, non serve solo commemorare, ma anche ricordare e, soprattutto, capire, serve far entrare il Giorno della Memoria nel nostro patrimonio di vita vissuta con dolore, con speranza e con emozione, deve essere un evento culturale e didattico.
Oggi serve ricordare che verso le discriminazioni non facciamo abbastanza, non alziamo abbastanza la voce. Bisogna comprendere che una semplice discriminazione può portare tanto dolore, può portare morte.
Spesso noi stessi possiamo essere gli autori di una discriminazione senza rendercene conto.
La conoscenza abbatte le diffidenze, fa cadere le barriere e permette di dialogare, di percepire l’altro non come nemico o persona ostile, ma come un essere umano con gli stessi bisogni, le stesse paure, gli stessi problemi.
Serve il dialogo ed il rispetto senza i quali non si può costruire nessun rapporto.
Sappiate che le parole hanno una loro forza, possono costruire e distruggere, possono guarire o uccidere.
La parola amore, che non significa egoismo o amore narcisistico per sé stessi, se interiorizzata nel suo concetto, significa amicizia, solidarietà, rispetto e comprensione per il prossimo.
L’amore ha una forza travolgente e vincerà ogni male. Lo ha scritto intorno al 38 a. C  Publio Virgilio Marone: “Omnia vincit amor” e siamo qui a ripeterlo.
“Ama il prossimo tuo come te stesso” lo troviamo scritto nella Torah, e questo è valido per tutti.

L’accensione da parte del dottor Pugliese, della dirigente scolastica, del sindaco di Polistena e degli alunni della Jerace della Chanukkiah, il candelabro a otto bracci che ricorda il miracolo delle Luci avvenuto nel 165 a. C., in occasione della riconsacrazione del Tempio profanato dai Siri, e rappresenta la vittoria di un piccolo manipolo di persone guidati da Giuda il Maccabeo  contro l’armata di Antioco IV Epifane di Siria, ha chiuso la giornata ed ha voluto significare la risurrezione del popolo ebraico e la volontà di ricerca della pace , del dialogo e della convivenza pacifica con i diversi popoli e le diverse culture che sono presenti in questo mondo globalizzato, considerando che le diversità devono  essere viste come valore e non come differenze.

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