Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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lunedì 8 aprile 2013

Al Salone del libro di Torino una copia del Rashi di Reggio



Una copia del Pentateuco del 1475 esposto alla Fiera del libro di Torino nello stand della Calabria

 E noi vi abbiamo rivelato...
L’Assessore regionale alla Cultura Mario Caligiuri ha incontrato il Presidente delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna con il quale ha concordato che una copia del volume “Pentateuco”, stampato nel 1475 a Reggio Calabria, sarà al centro delle iniziative nello stand della Regione al Salone del Libro di Torino. Il “Pentateuco” è il primo libro al mondo in ebraico. La copia del prezioso volume, in prestito dalla Biblioteca Palatina di Parma, sarà “ospite d’onore” al Salone, che si terrà dal 16 al 20 nel prossimo mese di maggio.
L’esposizione del “Pentateuco” - informa una nota dell’Ufficio stampa della Giunta - sarà l’occasione per riscoprire e ribadire le radici ebraiche in Calabria e in tutto il Meridione d’Italia, ancora vive dopo secoli. Si allestirà un programma di iniziative per costruire rapporti culturali, economici, scientifici, commerciali e turistici e che verrà presentato il tre maggio a Torino.





Riproduco qui di seguito il post già pubblicato qualche anno fa su questa opera.


Tonino Nocera

Il 18 febbraio 1475 Avraham Garthon stampò a Reggio di Calabria con caratteri corsivi sefarditi il commento al Pentateuco di Shelomh ben Yshaq. Il nome e la data sono impressi nel colophon. Questo lo fa ritenere il primo libro ebraico stampato in Italia. Secondo Giuliano Tamani furono tirati circa trecento esemplari; uno solo è sopravvissuto, mancante di 2 o 3 carte all’inizio, ed è conservato nella Biblioteca Palatina a Parma. Un frammento di due carte è conservato a New York nella biblioteca del Jewish Theological Seminary.
Il possessore dell’esemplare conservato a Parma, G. B. De Rossi, ne possedeva un altro che però cadde nel Po e andò perso.
Quindi non esistono altre copie di questo incunabolo.
Però è opportuno ricordare che a Roma, l’11 ottobre 1943, i nazisti saccheggiarono la biblioteca della Comunità e parte di quella del Collegio Rabbinico. Riempirono tre carri ferroviari con decine di casse colme di libri disposti con cura perché non si deteriorassero. La biblioteca della Comunità era composta di settemila volumi. Si trattava di libri, manoscritti, incunaboli, molti esemplari unici. A Roma erano giunti gli ebrei espulsi dalla Spagna, dalla Sicilia e dalla Calabria che avevano contribuito a incrementare la biblioteca.
C’erano opere cinquecentesche stampate a Costantinopoli; testi seicenteschi e settecenteschi stampati a Livorno e Venezia.
Era un patrimonio librario di inestimabile valore: un unicum sia per la quantità sia per la qualità del materiale che si era sedimentato nel corso dei secoli. La commissione ministeriale presieduta da Tina Anselmi (Commissione per la ricostruzione delle vicende che hanno caratterizzato in Italia le attività di acquisizione dei beni dei cittadini ebrei da parte di organismi pubblici e privati) ha svolto accurate indagini e secondo un componente - l’avvocato Dario Tedeschi, che fu, vicepresidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane - sono stati trovati indizi che farebbero ben sperare. Ma della biblioteca ancora nessuna traccia. Di recente Giulio Busi in un articolo pubblicato da Il Sole 24 ore ha scritto di aver trovato su una bancarella di libri usati a Londra uno dei libri rubati a Roma.
Ignoro se tra essi possa trovarsi qualche altra copia del Commentario. A Reggio furono prodotti anche alcuni manoscritti ebraici che ora si trovano in varie biblioteche come la Biblioteca Ambrosiana a Milano.
La vicenda del libro si inquadra nell’ambito della storia delle comunità ebraiche nel Mediterraneo. Una storia ancora per molti aspetti poco nota e da approfondire. I paesi rivieraschi del Mediterraneo ospitavano comunità ebraiche da tempo immemorabile. Le loro vicende stanno lentamente riemergendo. Un contributo notevole è stato fornito dai manoscritti della Geniza de Il Cairo, che hanno ispirato il romanzo di Amitav Gosh, Lo schiavo del manoscritto. Una parte degli ebrei dell’Italia meridionale si diresse, dopo l’espulsione, anche verso l’Impero Ottomano. A Salonicco sorsero sinagoghe i cui nomi sono indicativi: Italia, Sicilia, Puglia, Calabria, Otranto. Lo stesso accadde a Costantinopoli: Sicilia, Messina, Puglia e Calabria.

Questo è il primo libro stampato in ebraico a portare una data, (10 adar 235 = 17/18 febbraio1475).
Queste immagini provengono dal facsimile della sola copia quasi completa conosciuta, attualmente custodita alla Biblioteca Palatina di Parma (edita da J. Joseph Cohen, National and University Library, Jerusalem, [1969]). La copia di Parma manca dei primi fogli, e il fol. [1a] comincia con il commento a Genesi 3.4, “Tu sicuramente non morrai”, la risposta del serpente ad Eva.
Sebbene sia la prima edizione stampata con data, l’opera non è né la prima edizione del commento di Rashi, né il primo libro stampato in ebraico.
Tra il 1469 e il 1472 tre fratelli, Obadiah, Menasseh, e Beniamino di Roma, furono attivi come primi tipografi in ebraico. Sono note sicuramente sei opere uscite dalla loro stamperia, tra cui vi era la prima edizione, benché priva di data, del commentario di Rashi.
Inoltre, nell’edizione del 1475 Abraham Garton creò ed usò, per la prima volta, un carattere basato su un semicorsivo manuale di tipo sefarditico. È questo stesso tipo di carattere che pochi anni dopo, quando il commentario e il testo furono incorporati in una pagina, sarebbe stato usato per distinguere il commentario rabbinico dal testo biblico. In seguito, questo tipo di carattere sarebbe stato conosciuto come “corsivo Rashi”.

In basso, l'ingrandimento delle linee 9-11 della prima pagina (in alto a destra)



Il colophon del volume
(la pagina finale dove sono riportate le indicazioni tipografiche:

editore, data e luogo di stampa
Ricordo che di questo volume esistono due copie anastatiche, custodite a disposizione degli studiosi, una a Reggio e una a Gerusalemme.

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