Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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lunedì 13 ottobre 2008

Cittanova e Reggio giugno 2008

Concludo (finalmente, eh?) la rassegna stampa sulla dedica di una parte della Villa comunale di Cittanova ai Giusti diplomatici con questo bellissimo articolo pubblicato su la Riviera on line domenica 29 giugno.

Antonio Orlando
Il giardino dei Giusti

Dedica di una porzione della Villa Comunale di Cittanova
ad alcuni “Giusti tra le Nazioni”

Qual è il posto dei Giusti sulla terra? Un giardino, naturalmente, meglio ancora un giardino dell’Eden affinché ognuno possa facilmente riconoscere la grande opera salvifica che queste persone hanno espletato. Come si riconoscono i Giusti? Chi è Giusto? “un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire…chi è contento che sulla terra esista la musica…” rispondeva Jorge Luis Borges, e proseguiva
* Chi scopre con piacere un’etimologia
* Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio a scacchi
* Il ceramista che intuisce un colore e la forma
* Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace
* Una donna ed un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto
* Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto
* Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson
* Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
concludendo che “Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo”.
I Giusti, dunque, che non sanno di essere tali, sono uomini comuni che, per di più, ignorano l’esistenza l’uno dell’altro e vengono a loro volta, ignorati. In quanto uomini comuni conoscono solo l’esistenza di altri uomini comuni e certamente nel momento in cui compiono la loro azione di salvezza non sanno che stanno salvando il mondo. Il mondo ha bisogno, ha sempre avuto bisogno, ha bisogno continuamente, di essere salvato è non ne sa nulla. All’apparenza è semplicemente paradossale, ma la ragione, che in questo caso è sorella di utopia, ciascuno la trova da se.
Sono oltre quattrocento gli italiani, che pur ignorandosi tra di loro, durante gli anni cupi e bui della seconda guerra mondiale, mentre infuriava la persecuzione antiebraica, hanno salvato migliaia e migliaia di vite umane. E’ semplicemente splendido che 34 palme della villa comunale di Cittanova, da domenica scorsa, siano intitolate ad altrettanti “Giusti tra le nazioni” facendo così diventare la villa “il giardino dei Giusti”. Si deve alla lungimiranza, alla sensibilità e alla cultura di Antonio Sorrenti, eclettico operatore culturale e studioso della civiltà ebraica, questa lodevole iniziativa, che proietta Cittanova in una dimensione cosmopolita, contribuendo a ri-collocare la nostra provincia al centro del Mediterraneo, suo luogo naturale e d’elezione. Di fatto la manifestazione ha aperto la strada verso uno strettissimo gemellaggio con Gerusalemme dove la Fondazione Yad Vaschem ha dedicato un giardino agli oltre ventimila “Cha sidei Umot HaOlam”, Giusti tra le Nazioni. La manifestazione si è articolata in due momenti, il primo diretto a chiarire il significato culturale, religioso e sociale del “giardino dei Giusti” in rapporto al “giardino dell’Eden”, l’altro, con una suggestiva e toccante cerimonia, aperta dal suono dello shofar, è stato caratterizzato da una sorta di ri-appropriazione del luogo, elevato così a simbolo di pace, di fratellanza, di solidarietà tra i popoli.
Rappresentanti religiosi – l’arciprete Borelli ed il rabbino Ariel Di Porto –, rappresentanti istituzionali – il sindaco di Cittanova dr. Cannatà e l’on. Angela Napoli e rappresentanti diplomatici - il console generale di Germania Angelica Volkel, l’ addetta culturale dell’ambasciata israeliana Rachel Feinmesser ed il console onorario della Svizzera Leonardo Vitetta – hanno avuto la possibilità di incontrarsi su uno dei terreni più difficili, più accidentati, più controversi, più terribili e più tragici della storia del ‘900. Lo sterminio degli Ebrei ( e non solo di questi, bisognerebbe non dimenticarlo), chè di vero e proprio sterminio si è trattato, cioè del tentativo di cancellare definitivamente dalla faccia della terra l’intera popolazione ebraica, è uno dei nodi irrisolti che riverbera ancora i suoi effetti sulla nostra vita attuale e per quanto si tenti di rimuoverlo, pesa come un enorme macigno sulla coscienza dell’Europa intera dall’Atlantico agli Urali.
Fortissime e coraggiosissime le parole della d.ssa Volkel : “L’Olocausto…rappresenta un’estrema vergogna per la Germania. Noi tedeschi abbiamo fatto uno sforzo per superare questo passato di barbarie. Proviamo gratitudine per il fatto che questo sforzo trovi un qualche riconoscimento in Israele, m un qualche riconoscimento lo sottolineo; noi siamo consapevoli che molti ebrei non sono ancora in grado di perdonare”.
I tedeschi stanno cercando di comprendere fino in fondo l’origine del nazismo, non sono alla ricerca né di alibi né di complici e alcune conclusioni cui sono giunti possono sicuramente essere condivise. Il nazismo non nasce dalla estremizzazione, ma dalla decomposizione della modernità, esso non è e non può essere una filosofia realizzata perché, come dice Foucault, “…è già una biologia realizzata”. Se si vogliono mettere a confronto comunismo e nazismo in quanto ideologie e movimenti totalitari, si può notare che mentre il trascendentale del comunismo è la storia, il soggetto è la classe ed il lessico l’economia, il trascendentale del nazismo è la vita, il soggetto è la razza ed il lessico la biologia. La frase “il nazionalsocialismo non è altro che la biologia applicata” pronunciata da Rudolfh Hess è da prendere fortemente sul serio perché non faceva altro che tradurre in espressione politica quello che i ricercatori, i genetisti ed i medici tedeschi dell’epoca pensavano del nazismo.
Per loro Hitler era “il più grande medico tedesco”, colui che sarebbe stato capace di muovere “…l’ultimo passo nella sconfitta dello storicismo e nel riconoscimento di valori puramente biologici”. “Il nazionalsocialismo, affermava il medico Rudolfh Ramm, a differenza di qualsiasi altra filosofia politica o di qualsiasi altro programma di partito, è in accordo con la storia naturale e la biologia dell’uomo”. Gli Ebrei dovevano essere sterminati in quanto costituivano dei parassiti, degli insetti, dei microbi, dei virus sul corpo sano del popolo e dello Stato tedesco. Questa è la terribile verità che a distanza di sessant’anni non riusciamo neanche ad immaginare perché spalanca un abisso talmente profondo di abiezione che la nostra ragione si rifiuta di accettare. Gli Ebrei, come gli zingari, gli omosessuali, gli storpi, gli handicappati, i deformi, i malati, i delinquenti abituali, i mendicanti, i vagabondi, i miseri, i testimoni di Geova ed ancora, in un crescendo continuo, i polacchi, i comunisti ed ogni tipo di oppositore rappresentavano “la vita indegna di essere vissuta, “la vita che non vale la pena di essere vissuta” e perciò tutti costoro andavano semplicemente eliminati come si fa con gli insetti. Per gli Ebrei poi, appositamente per loro, era pronta la “Soluzione finale”.
“Per eseguire la propria missione terapeutica – scrive il filosofo Roberto Esposito – essi [ i nazisti] si fecero carnefici di coloro che reputavano o inessenziali o nocivi all’incremento della salute pubblica….è stato il risultato non dell’assenza, ma della presenza di unìetica medica pervertita nel suo contrario… solo assassinando quante più persone possibili, si potevano risanare coloro che rappresentavano la vera Germania”. Per i nazisti gli Ebrei non somigliano ai parassiti, non si comportano come batteri, lo sono! E come tali vanno trattati. Perciò il termine corretto per indicare il loro massacro non è quello di “olocausto”, che è una parola sacrale, bensì quello di “sterminio” esattamente quello che si usa per gli insetti, i ratti o i pidocchi.
“Pidocchio, è la tua morte” era scritto su un lavatoio di Auschwitz; e sempre nello stesso lager, un cartello appeso nei gabinetti intimava: “Dopo la latrina, prima di mangiare, lavati le mani, non dimenticare”. In un discorso del febbraio 1942 Hitler afferma: “la scoperta del virus ebraico è una delle più grandi rivoluzioni di questo mondo. La battaglia in cui siamo oggigiorno impegnati è uguale a quella combattuta nel secolo scorso da Pasteur e da Kock…riacquisteremo la nostra salute solo eliminando gli ebrei”. La rielaborazione di parte israeliana ha chiamato lo sterminio “Shoah”, che significa distruzione o, in altra accezione, “desolazione” o “calamità” nel senso di una sciagura improvvisa ed inaspettata. Questo termine viene strettamente collegato con la parola “Olocausto”, che ha un significato altamente religioso e sacrale in quanto indicava i sacrifici di animali bruciati sull’altare del tempio. Nessuna delle due parole esprime la gravità delle atrocità commesse dai nazisti e, tanto per rendere l’idea, i Rom usano la parola “porajmos”, che vuol dire “grande divoramento” oppure “samudaripen”, che vuol dire genocidio. Rachel, mi piace chiamarla solo per nome, con grande senso di umanità e con spirito di serenità, ci ha tenuto a precisare che la villa di cui giustamente i cittanovesi vanno fieri, continua a rimanere un parco, un giardino “…un luogo all’aperto, frequentato dalle famiglie e dai bambini ai quali i genitori potranno spiegare il significato dell’impegno civile e morale di questi Giusti”. Nelle parole di questa gentile e garbata giovane signora s’intravede quella voglia di “normalità”, di serenità, di pace di cui tutti gli israeliani sono alla ricerca da oltre sessant’anni, dalla fondazione del loro Stato e da molto tempo prima, forse da sempre, ma certamente fin da quando Theodor Herzl, alla fine dell’800, gettò le basi del movimento sionista mondiale.
E noi italiani che cosa abbiamo fatto? Non molto, in verità, con in più l’aggravante che, a più riprese ed in periodi diversi, si è tentato, dapprima, di far dimenticare (a cominciare dal famigerato “armadio della vergogna) un passato scomodo e poi di mistificare, di occultare e di revisionare la nostra storia all’insegna dello stereotipo, falso e bugiardo, “italiani brava gente”. Con immensa faccia tosta abbiamo cercato di ridimensionare la nefandezza delle leggi razziali; siamo arrivati a negare le nostre responsabilità per le guerre di aggressione (Albania, Grecia, Jugoslavia, Francia) ed infine abbiamo preteso di liquidare i nostri trascorsi coloniali, (Libia, Somalia, Etiopia, Dodecaneso), brutali e vergognosi, come, del resto, qualsiasi passato colonialista, all’insegna del paternalismo e del macchiettismo. Fin adesso l’Italia ha rivelato una chiara debolezza di senso storico, ha manifestato forti difficoltà a fare i conti con la sua storia, ha evidenziato una netta subalternità, sul piano internazionale, di fronte agli Stati europei, che, sia pure a costo di laceranti divisioni, di forti contrapposizioni e con qualche contraddizione ( si veda il dibattito sul collaborazionismo in Francia e sul franchismo in Spagna) sono riusciti a rimarginare parte delle ferite inflitte dal nazismo e dalla guerra.
Un’iniziativa come questa contribuisce a tracciare un sentiero di pacificazione, che non vuol dire perdonismo buonista ad ogni costo, ma ammissione e riconoscimento di responsabilità sul piano storico, politico ed internazionale. Dentro tale contesto l’azione dei Giusti rifulge ancor di più in tutto il suo splendore perché è la riaffermazione della vita sulla morte, della ragione sulla politica, dell’etica sul diritto. Nel giardino dell’Eden (cito a memoria per come lo ricordo) dice il rabbino Di Porto, gli alberi crescono rigogliosi perché vengono continuamente innaffiati dalle azioni dei Giusti; sarà per questo che da qualche giorno, le palme della villa di Cittanova le vediamo più alte, più lussureggianti e più verdi.

La manifestazione di Cittanova che ha cercato di fare il punto sulla storia delle presenze ebraiche in Calabria è stata preceduta dal convegno: “I sentieri delle pietre” che si è tenuto a Reggio Calabria presso la Biblioteca “De Nava” il 16 Giugno scorso

Dal messaggio del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano:

“…la presenza secolare delle comunità ebraiche in Calabria, dai tempi più antichi fino al XVI secolo, fu significativa e merita di essere ricordata. La vostra iniziativa, volta a mettere in risalto i punti di contatto esistenti tra Ebraismo e Cristianesimo, attraverso un excursus storico-archeologico e religioso, risponde allo spirito oggi fortunatamente sempre più diffuso…
…Il mio più vivo augurio di buon lavoro a tutti i partecipanti”

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