Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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lunedì 29 settembre 2008

Rosh haShanah: riti e segni

Sempre dal sito di Chabad prendo alcuni approfondimenti sulla festa di Rosh haShanah, che riguardano: lo Shofar (il corno di montone il cui suono convoca il popolo e lo chiama alla conversione), il rito di Taschlich (la rinuncia al peccato) e le cose da fare per la festa, tra cui i cibi che ne sono tipici.
Premetto un'osservazione. Chi si avvicina agli usi e alle tradizioni dell'ebraismo, vedendo la minuziosità di prescrizioni che lo caratterizzano, ne riceve spesso un'impressione di formalismo ed esteriorità. Devo dire che si tratta di tutt'altro.
Quello che viene preso per formalismo è in realtà il tentativo (a volte estremo) di essere fedeli alle prescrizioni della Torah, e quella che viene scambiata per esteriorità è invece una ricchezza di simbolismo di cui ogni gesto (dal più "alto" come la preghiera, al più "banale" come il cibo) è sempre estremamente carico.

Lo Shofar
Per Rosh Hashanà è preferibile usare uno shofàr di montone in ricordo del sacrificio di Yitzchàk, e che sia incurvato per simboleggiare come noi incurviamo il cuore di fronte a D-o. È bene che lo strumento utilizzato non presenti spaccature o scheggiature, anche se ciò non ne pregiudica in senso generale l’utilizzo.
Il suono dello shofàr, con la sua caratteristica maestosità e potenza, esprime una forza tale da indurre l’animo umano a provare sentimenti profondi e, a volte, contrastanti come non hanno mancato di rilevare i Maestri. Tale contrasto di sentimenti, per cui a volte ci sentiamo sopraffatti e annichiliti dal suono dello shofàr e in altri casi piuttosto ci infonde e ci rinnova la fede nel futuro di Israèl, è legato alle circostanze evocate.
Nel giorno di Rosh Hashanà fu creato l’uomo, culmine dell’atto Divino: in quel momento D-o fu incoronato Re dell’universo. Ogni anno a Rosh Hashanà rinnoviamo la nostra sottomissione alla sua sovranità: ne è simbolo il suono dello shofàr.
Accettammo la Torà alle pendici del monte, e in quella circostanza si udì il suono dello shofàr (Esodo 19, 16). Ogni anno, dunque, ricordiamo e rinnoviamo questo legame di sottomissione alle leggi di D-o e di loro accettazione incondizionata; oppure pensiamo, per esempio, ad alcuni passi profetici le cui parole vibranti sono paragonate (cf Ezechiele 33, 1), per intensità, al suono stesso dello shofàr. Il suono dello shofàr provoca timore e tremito nel popolo (Amos 3. 6).
La sequenza dei suoni dello shofàr provoca nell’animo sentimenti di premonizione di quanto proveremo di fronte al grande e terribile giorno del giudizio finale (Sofonia 1, 14). Infine lo shofàr evoca l’ultimo grande raduno del popolo di Israèl, che avverrà proprio accompagnato dal suo suono. Ascoltando lo shofàr durante Rosh Hashanà, anticipiamo il carattere di quell’evento (Isaia 27, 13) e rafforziamo la fede nella venuta di Mashìach e la resurrezione dei morti.

Tashlich
Dopo la preghiera di Minchà del primo giorno di Rosh Hashanà si osserva il Tashlìch, che letteralmente significa gettare. Questo rituale consiste nel recarsi in riva a un corso d’acqua e nel recitare alcune preghiere, accompagnate dal gesto simbolico di svuotare le proprie tasche (metafora dell’anima) da tutti i peccati commessi durante l’anno, facendo buoni propositi per quello in arrivo.
Il Tashlìch si svolge proprio in riva a un fiume poiché Rosh Hashanà è il primo dei giorni detti “terribili” (Yamìm Noraìm) che portano al digiuno di Kippùr, in cui l’ebreo arriva a concepire D-o non solo come il Creatore del mondo ma anche come Colui che lo governa giorno dopo giorno, che condiziona la storia e, quindi, la vita di ogni essere vivente. Dal canto nostro, noi, in quanto sudditi al cospetto del Re, dobbiamo rendergli conto delle nostre azioni. In passato, i re venivano consacrati in riva a un fiume, quale espressione simbolica della speranza che il regno prosperasse come il flusso del fiume, eterno e inarrestabile. Allo stesso modo ci dobbiamo porre davanti al nostro Re, consacrandolo e rispettandolo.
La preghiera di Tashlìch ricorda questa cerimonia magistrale, provocando nella persona un forte impatto emotivo e spingendola alla riflessione e all’introspe-zione psicologica. Per questo alcuni maestri consigliano di recarsi ad effettuare il Tashlìch in piccoli gruppi, per non essere portati a distrarsi con conversazioni inadatte alla situazione. Le comunità che non abitano nelle vicinanze di corsi d’acqua possono svolgere il rituale presso fontane o laghetti. Nel caso in cui fossero anche questi troppo lontani, è possibile posticipare la preghiera sino a Hosha’nà Rabbà, l’ultimo giorno di Sukkòt, quando D-o suggella definitivamente ciò che è stato deciso a Kippùr.

Da fare
La prima sera di Rosh Hashanà, dopo le preghiere, ci si augura reciprocamente: "Leshanà tovà tekatèvu vetehatèmu" (Buon anno, che siate iscritti e sigillati).
A Rosh Hashanà si immerge il "motzì" (il primo pezzo della Challah ) nel miele.
La prima sera di Rosh Hashanà, dopo l'inizio della cena, si immerge un pezzo di mela dolce nel miele, pronunciando la benedizione "borei pri haetz" e si dice: "Yehì ratzon scethadesh aleinu shanà tovà umetuka" ( Possa la Tua volontà rinnovarci un anno buono e felice). Quindi lo si mangia.
Entrambi i giorni di Rosh Hashanà, si suona lo Shofar dopo la lettura della Torah, durante Mussaf
Quando il primo giorno della festa cade di Shabbat non si suona lo Shofar poiché l'osservanza dello Shabbat si antepone a quella di Yom Tov. È proibito anche cucinare, accendere luci o congegni elettronici, trasportare, ecc.
È proibito parlare dall'inizio delle benedizioni dello Shofar fino alle tekioth finali di Mussaf, incluse.
È considerata mitzvà per ogni ebreo, uomo, donna, bambino ascoltare il suono dello Shofar.
Il primo giorno di Rosh Hashanà ci si reca, dopo Minchà, in riva ad un fiume o un lago, una sorgente o all'oceano per dire Tashlich. Dicendo la preghiera di Tashlich, gettiamo via simbolicamente i nostri peccati e ci purifichiamo da essi.
I due giorni di Rosh Hashanà devono essere dedicati alla preghiera, allo studio della Tora e alla recitazione di Salmi.
I due giorni di Rosh Hashanà sono considerati "un solo lungo giorno" nella Halachà. Dunque anche gli Ebrei in Israele, che celebrano normalmente le feste per un giorno, osservano due giorni di Rosh Hashanà.
Durante moéd si può accendere un fuoco da un fuoco già acceso. È dunque importante ricordarsi di preparare un lumino a parte che possa durare dall'inizio della festa e per almeno due giorni.

Cibi tradizionali
La prima sera di Rosh-ha-Shanah si fa il Sèder di Rosh Hashanà in cui si mangiano delle pietanze e della frutta che sono di buon augurio per l'anno a venire.
1- Challòt rotonde
2- Challòt intinte nel miele
3- Mela intinta nel miele
4- Cibi dolci, incluso il tzimmes di carote per gli Ashkenazìm (Merren in Yiddish significa sia carote che aumentare - questa pietanza è dunque simbolo di pro- sperità e dolcezza).
5- La testa di un agnello o di un pesce (per essere i primi, i "capi", i modelli nell'osservanza delle mitzvòt).
6- Una delle primizie di stagione su cui poter recitare shehechianù.
7- Il melograno perché ha 613 chicchi come le 613 mitzvòt.
8- Diverse verdure, secondo l'usanza (per esempio i porri, la zucca, le coste, etc.).

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