Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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giovedì 3 aprile 2008

Punta Stilo: Stilo e Caulonia/Castelvetere

Dopo aver visto i centri minori della Kaulonitide, arriviamo ai due centri principali, gli unici per i quali abbiamo attestazioni documentarie certe di presenze ebraiche.
Concluderò con una breve riflessione sulle motivazioni dell'insediamento in questa zona.


STILO
Scarse e piuttosto tarde sono i primi documenti che parlano di presenze ebraiche a Stilo.
Infatti solo nel corso del XV secolo troviamo un documento che segnala la presenza di 16 fuochi (famiglie) di ebrei; una cifra piuttosto considerevole, visto che dovrebbe corrispondere a circa 80 persone: purtroppo nel caos della mia libreria/archivio non riesco più a ritrovare il documento da cui ho tratto quest'informazione, ma mi impegno a farlo al più presto.
Risale al 1502/3 il registro dei conti del tesoriere della provincia di Calabria Ultra (corrispondente all'incirca all'attuale Calabria meridionale, esclusa la provincia di Cosenza e parte di quella di Crotone), riportato da Cesare Colafemmina, Per la storia degli ebrei in Calabria. Saggi e documenti, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1996, in cui si trova l'ammontare delle tasse da esigere (arretrati compresi) presso le varie universitates (comuni): tra questi, sono segnalati a parte alcune Judeche (termine che indica non solo la zona in cui gli ebrei abitavano, ma anche l'insieme degli ebrei, anche quando consisteva di una sola famiglia).
Troviamo tre volte la citazione di Stilo: una prima volta segnala che "La Iodeca de Stilo" deve 5 grani (un grano è un ventesimo di tarì, che a sua volta è un quinto del ducato, cioè un centesimo dell'unità monetari principale) di arretrati sulla tassa del sale, e una seconda volta 7 grani; l'indicazione non permette di individuare il numero di famiglie.
La terza citazione si riferisce al totale delle tasse dovute per l'anno in corso, e parla di 5 fuochi, tassati per 7 ducati, 2 tarì e 10 grani; in realtà vengono riscossi solo 1 ducato, 2 tarì e 10 grani, corrispondenti ad un fuoco, perché "li restanti so extinti et absentati".
Vediamo quindi che le 16 famiglie si sono ridotte a 5 e poi ne è rimasta una: sicuramente questo è dovuto alla crisi che alla fine del XV secolo colpì le comunità ebraiche nel corso della guerra tra francesi e spagnoli per la successione alla casa d'Aragona; con la discesa di Carlo VIII di Francia nel Mezzogiorno le case degli ebrei e le sinagoghe furono assaltate, depredate, distrutte, e gli ebrei dispersi.
Sebbene le documentazioni sugli ebrei a Stilo siano così scarse e tardive, possiamo supporre che il loro insediamento fosse più antico, probabilmente quasi contemporaneo alla nascita della città, nell'XI-XII secolo; è infatti possibile che che qui salissero dalla costa in via di impaludamento gli ebrei che (eventualmente) si trovassero nell'antica statio di Caulon/Stilida, dalla quale la città ebbe origine, come pure è presumibile che vi giungessero gli ebrei della scomparsa Sumpesa, l'odierna contrada Judari, l'Ebraikè citata nel Brebion della diocesi di Reggio intorno al 1050, né è da escludere che alcuni vi giungessero con gli arabi che per un certo tempo dovettero dominare Stilo, come dimostra la presenza della cosiddetta Pietra del califfo e di iscrizioni coraniche sule colonne della celebre Cattolica.
Dopo il XV secolo non ho nessuna notizia di ebrei a Stilo, e credo sia priva di fondamento la notizia che ho trovato su internet, secondo la quale una quindicina di famiglie avrebbero fatto ritorno all'ebraismo qualche decina di anni fa: Stilo è vicino al mio paese e conosco parecchie persone di Stilo, di un evento del genere e in un numero così consistente sarei sicuramente venuto a conoscenza.

CAULONIA (CASTELVETERE)
La prima indicazione di presenze ebraiche a Castelvetere (come si chiamava Caulonia fino all'unità italiana, e come quindi è citata in tutti i documenti che parlano di presenze ebraiche), risale al secolo XI-XII, epoca alla quale risale la chiesa di San Zaccaria, che sarebbe stata costruita da un ebreo (Samuele, Simone, o, secondo altri Nicola Pere, forse il suo nome da cristiano) convertito al cristianesimo, in ringraziamento del santo che lo aveva illuminato: possiamo presumere che fosse solo uno degli ebrei presenti fin dalla recente nascita della città.
La più antica attestazione documentaria risale comunque al 1389, ed è riferita in Vincenzo Naymo, Le pergamente angioine dell'archivio Carafa di Roccella (1313-1407), CORAB, Gioiosa Jonica, 1998: un atto con cui l'ebreo Moysello Gero di Catelvetere vende un terreno; risale al 1487 un analogo atto con cui "Graviusa de Rogado ebbrea" vende "un pezzo di terra con giardino ed altri albori in essa esistenti sita e posta in detta terra di Castelvetere nel luogo detto Santa Dominica", citato dallo stesso Naymo nel suo articolo "Un ebreo di Castelvetere in una pergamena del 1511" in Sefer Yuhasin, X-XI (1994-95/5754-55); appunto al 1511 risale l'ultimo documento che riporta (pochi mesi dopo la scadenza del bando degli ebrei dal Mezzogiorno) la vendita da parte dell'ebreo Braha Calì (Bragha, forse Berachà = Benedizione; Calì, nome di vari ebrei calabresi)di una casa posta nei pressi del rione San Biagio (confinante tra le altre con la casa di Matteo de Genco, che anche nella forma Yenco è noto come cognome di ebrei calabresi), dove tradizione viene situata la Judeca, e che mantiene tuttora questo nome.
Precedentemente, nel 1450, troviamo citato il "magister Charo iudeus fabricator", quindi un muratore/carpentiere, che con altri artigiani cristiani viene chiamato dalla curia a valutare la congruità delle spese per lavori eseguiti in due frantoi.
Nell'attuale Caulonia Marina esiste una via Iudica, che trovo citata come testimonianza ebraica, sebbene personalmente nutra qualche dubbio, dal momento che nei tempi a cui risale la presenza ebraica era zona disabitata e probabilmente paludosa; non è tuttavia da escludersi che appartenesse a qualche ebreo.
Nel sito Caulonia200, trovo una curiosa annotazione che riporto qui.
L’uscita di ciascuna “caseda” veniva chiusa da una porta in legno, che il più delle volte era divisa in due parti con un taglio orizzontale; in modo che spesso era possibile chiudere la sua porta inferiore, “porta i sutta”, lasciando aperta tutta la zona superiore, “portedu” e così quest’ultima poteva fungere da vera presa d’aria. Questo tipo di porta detta “mulinara”, trova la sua derivazione in quelle usate in tante abitazioni ebraiche. Nel corso del sedicesimo secolo per ordine del potere centrale del Regno di Spagna tutti gli uomini di fede giudaica, oltre a dovere vivere nei ghetti, venivano limitati anche nei loro movimenti, dovendo rincasare ad un'ora molto presta. All’uopo la gente d’Israele, sempre acuta per uso d’intelletto, ricorse ad uno stratagemma: divisione delle porte con tagli orizzontali che consentivano un uso di aria libera anche se in zona limitata.
Ben presto tale consuetudine si propagò in tanti ghetti del meridione di cultura ispanica; non a caso, la porta descritta nel nostro centro storico, era diffusa nella zona Spiruni – San Biasi, luogo, secondo la tradizione da noi denominato “judeca”, altrimenti detta la giudecca di Castelvetere
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Qualche considerazione
Le prime ragioni di una presenza ebraica nella Kaulonitide potrebbero essere dapprima strettamente commerciali, nel caso se ne dovesse accertare la presenza fin dai tempi di Caulon/Stilida, ma in seguito sono riconducibili alle consuete attività che li caratterizzavano in tutta la Calabria, che sono poi le stesse attività dei cristiani. Infatti in Calabria troviamo una loro presenza che non è limitata solo al commercio e al prestito (che pure dovettero esserci, anche se non lo troviamo testimoniato nei documenti superstiti di questa zona), ma la diffusione degli ebrei è in qualche modo analoga a quella di Polonia, Ucraina e altri paesi dell'Europa orientale: pur mancando gli shtetl (villaggi abitati esclusivamente o quasi da ebrei) non mancavano ebrei in qualsiasi campo professionale, da quello più elevato come l'esercizio della medicina o dell'arte scrittoria, fino ai più bassi, come l'agricoltura e la pastorizia.
Conoscendo però la particolare natura dell'economia locale, possiamo supporre che svolgessero (come accadeva di frequente) anche una funzione di intermediari commerciali, in particolare nel settore della seta (che in questa zona si produceva in quantità, e di cui detenevano il monopolio in Calabria) che in quello minerario, visto che sono note dall'antichità magnogreca fino a dopo l'unità d'Italia le miniere di ferro, argento e altri metalli che si trovavano nel territorio tra Assi e Stilaro, intorno a Bivongi e Stilo.
Nei documenti citati, li troviamo comunque per lo più come proprietari terrieri (oltre che a Castelvetere anche nei pressi di Monasterace), quindi impegnati nell'agricoltura, e in un caso troviamo un artigiano, che doveva essere molto apprezzato, visto il compito di responsabilità che gli viene affidato dalla curia.
Questo episodio testimonia anche la buona integrazione degli ebrei locali con l'ambiente cittadino, almeno fino alla fine del XV secolo, quando invece la crisi della comunità di Stilo ci testimonia il deteriorarsi dei rapporti in cui incorsero gi ebrei anche nella nostra zona, fino alla cacciata del 1511.
Un'ultima osservazione riguarda il fatto che in una terra così disseminata di ebrei, tra Monasterace e Squillace non sono testimoniate loro presenze: probabilmente i territori di questa metà meridionale del Golfo di Squillace erano troppo misere e troppo scarse erano le vie di comunicazione per essere allettanti, per cui mentre a sud troviamo i numerosi insediamenti della Locride, ad ovest altri insediamenti sulle pendici delle Serre e del vibonese, a nord solo da Squillace in su ritroviamo comunità ebraiche, numerose sia nel catanzarese che nel Marchesato crotonese.
A titolo di curiosità, devo ricordare una apparente "isola" a Badolato: trovo citato in un sito internet la presenza di un circolo cabbalistico legato a Chaim Vital, ma l'assenza di ogni riferimento documentario mi fa pensare a miti in stile "Codice Leonardo", mentre mi aveva fatto "drizzare le orecchie" la presenza di una Via dei Giudei, finché non ho letto che in realtà si riferisce al fatto che in quella strada abitasse una famiglia (è un suo membro a scriverlo) che per la sua... parsimonia, era soprannominata "Giudei".
Cosa, questa, che dovrebbe farci stare attenti all'attribuire, in mancanza di altre testimonianze, un valore assoluto alla toponomastica.

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