Calabria judaica - Sud ebraico

Calabria judaica ~ Sud ebraico
Storia, cultura e attualità ebraiche in Calabria
con uno sguardo al futuro e a tutto il Meridione

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione orientale della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé.
La sinagoga del IV secolo, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico con indicazione di data, il commento di Rashì alla Torah; Chayim Vital haQalavrezì, il calabrese, fu grande studioso di kabbalah, noto anche con l'acronimo Rachu.
Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani, ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta.
Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e tornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramonti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot (la festa delle Capanne).
Questo blog è dedito in primo luogo allo studio della storia e della cultura ebraica in Calabria; a
ttraverso questo studio vuole concorrere, nei suoi limiti, alla rinascita dell'ebraismo calabrese; solidale con l'unica democrazia del Medio Oriente si propone come ponte di conoscenza e amicizia tra la nostra terra e Israele.

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lunedì 3 marzo 2008

Moni Ovadia a Cosenza

Moni Ovadia a confronto con i giovani cosentini
La questione ebraica e quello che ebraico non è
da il Quotidiano della Calabria di domenica 2 marzo

foto da Bulgaria - Italia
Prima racconta la genesi dello spettacolo “Le storie del signor Keuner” di Bertolt Brecht, concepito a quattro mani assieme a Roberto Andò, autore con il quale ha avviato negli ultimi anni un percorso parallelo di collaborazione che ha già dato ottimi frutti nel 1997 con lo spettacolo “Il caso Kafka”; poi si sofferma per un po' a divagare sulla questione ebraica e sul rapporto del mondo ebraico con quello che ebraico non è, per poi ritornare sul personaggio che interpreterà fino a oggi pomeriggio (recita alle 18,00) al Rendano di Cosenza che ospita la messa in scena del capolavoro brechtiano nell'ambito della stagione di prosa in corso di svolgimento.
Una lezione di teatro, ma anche un confronto a 360 gradi con la cultura ebraica. L'incontro di ieri mattina a osenza al Centro di formazione delle Arti di Largo Vergini con l'attore Moni Ovadia a, protagonista de "Le storie del signor Keuner", è stata sicuramente un'occasione unica ed irripetibile per gli studenti che vi hanno partecipato, quelli che avevano assistito alla “prima” venerdì sera dello spettacolo che ha suscitato unanimi consensi nel pubblico presente scatenando l'applauso più lungo e soprattutto, finora, più convinto della stagione di prosa di quest'anno.
L'incontro di questa mattina al Cifa è stato introdotto e coordinato da Giorgio Franco che ha offerto a Moni Ovadia il destro per una lunga conversazione che ha coinvolto ed emozionato il pubblico presente. «La scelta di rappresentare un testo di Brecht come "Le storie del signor Keuner" è nata - ha spiegato Ovadia - dall’esigenza di conoscere la persona Brecht, al di là del poeta o del drammaturgo che già conoscevamo, quasi come fosse un nostro compagno di strada, per le sue memorabili poesie e per i suoi scritti politici.
Ad una telefonata del germanista Roberto Menin che gli proponeva di fare uno spettacolo su questi brevi racconti inediti trovati a Zurigo, dove Brecht aveva riparato, risposi istintivamente che ero d'accordo. Caddi, insomma, nella trappola complice anche il cinquantesimo anniversario della morte del drammaturgo tedesco, che ricorreva nel 2006, quando abbiamo concepito lo spettacolo. Era un’occasione troppo ghiotta per essere rifiutata. Il Brecht che rappresentiamo in questo spettacolo è sicuramente lontano dallo stereotipo e Keuner, il protagonista dei racconti e delle parabole brechtiane, è un eponimo ed alter ego dell'autore. Credo - ha aggiunto Ovadia nel corso dell'incontro con gli studenti - che le storie del signor Keuner siano un manuale di sopravvivenza ai tempi dell'esilio di Brecht, coincidenti con la sua perdita di senso. Brecht ha subito più di un esilio: quello da oppositore del regime nazista, quello conosciuto negli Stati Uniti dove, con un'alta consapevolezza della propria qualità, si mise in fila per andare a “piazzare” le sue sceneggiature alla fabbrica dei sogni, finendo poi per entrare nel tritacarne della Commissione Mc Carthy, episodio che viene evocato nel nostro spettacolo. E poi c'è l'ultimo esilio, quello più bruciante, quando fece ritorno nella sua Berlino dove rimase deluso dal comunismo che non era più quel mondo luminoso che aveva sempre immaginato. Ma il Brecht di Keuner - ha sottolineato con convinzione Moni Ovadia - è un manuale di sopravvivenza anche per noi. Anche il nostro è un esilio insidioso. Non è semplice, infatti, vivere in una società in cui l'uomo può sempre di meno incidere perché prevale il meccanismo del più forte. Il senso della vita è reso sempre più difficile da una virtualizzazione delle relazioni umane nella quale è immersa la nostra società. L'unica via d'uscita - ha concluso Moni Ovadia - è la capacità di continuare a pensare.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Che ne dici di questo blog sionista?
http://liberaliperisraele.ilcannocchiale.it/
E' il mio!
Yael (se mi ricordi ancora) ;)

Agazio Fraietta ha detto...

Tesora, lo so che è il tuo blog!
Ti seguo, ti ricordo e ti voglio sempre bene, con un po' di vergogna.

(non fraintendete, pettegoloni: il nostro è un amore fraterno/sorerno)